Attività professionali svolte sotto forma di Società

Il Ministero dello Sviluppo Economico, con il Parere del 23 dicembre 2016 (prot. 415099), ha confermato che la Società tra professionisti rappresenta l’unico modello societario di riferimento per lo svolgimento di attività professionali in forma di società.

Leggi il Parere FONTE – MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO:

  • OGGETTO: attività odontoiatrica esercitata in forma di società – Problematiche interpretative – Richiesta parere. 
  • Con messaggio di PEC del 14/11/2016 codesto Ufficio del registro delle imprese espone quanto segue: <<La società Xxxxxxx xxx xxxxx SRL con sede a Xxxxxx, codice fiscale xxxxxxxxxx ha presentato al REA la denuncia di inizio dell’attività odontoiatrica. L’Ufficio ha sospeso la pratica, segnalando che l’attività di studio odontoiatrico (attività professionale protetta) può essere esercitata in forma societaria solamente da una società traprofessionisti, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 183/2011, che dovrà anche essere iscritta nella sezione speciale del relativo Ordine professionale. A nostro parere, la società Xxxxxxx xxx xxxxx SRL potrà, eventualmente, esercitare l’attività di organizzazione e gestione di ambulatori odontoiatrici, intesa come gestione della struttura e non come svolgimento dell’attività medica>>.Con il messaggio PEC di cui sopra codesto Ufficio ha provveduto a trasmettere, altresì, le considerazioni del commercialista che ha curato la pratica in questione, che qui di seguito, per completezza informativa, si riportano: <<[ … ] con la presente sono a chiedervi delucidazioni e spiegazioni in merito alla corretta modalità di iscrizione alla CCIAA dell’apertura dell’unità locale di Xxxxx della società in oggetto. Ricordo che la società Xxxxxxxx xxx xxxxx ha come unico socio la società XXX SRL. Quindi il socio è un soggetto giuridico e non una persona fisica. Evidenzio che i soci hanno adottato il modello di governance adottato da società dello stesso settore iscritte alla CCIAA, Xxxxxx xxxxx SRL, Xxxxx Xxxxxx SRL, oltre ad altre compagini societarie iscritte in altre CCIAA in ambito nazionale. Ricordo inoltre che altre compagini sociali svolgenti attività nel settore medico non odontoiatrico sono costituite in forma di SRL e l’attività dei professionisti ad esse collegati viene svolta mediante la SRL (per citare alcuni esempi Casa di cura Xxxxx di Xxxx SRL, Xxxxxxxx SRL, ecc.). Aggiungo inoltre che è intenzione dei soci nominare la figura del Direttore sanitario quale organo responsabile e garante dell’esecuzione dell’attività professionale della società come peraltro fatto nelle strutture societarie sopra citate>>.Circa la problematica in questione chiede codesto Ufficio del registro delle imprese di conoscere l’avviso della Scrivente, che qui di seguito si espone.E’ noto che la legge 1815/1939 ha, nel nostro ordinamento, per molti anni, vietato lo svolgimento delle cosiddette “professioni protette” nella forma delle società commerciali.E’ noto, altresì, che ciò non precludeva lo svolgimento di attività professionali ordinistiche nell’ambito di società, purché nel rispetto di ben determinati principi, ben riassunti nella rinomata sentenza della Cassazione civile n. 7738 del 13/07/1993 (<<[ … ] Tale pronuncia della Corte costituzionale [ordinanza 21/01/1988, n. 71] chiaramente presuppone l’applicabilità all’attività sanitaria, come professione “protetta”, della disciplina dettata dalla legge n. 1815 del 1939. Ma tale applicabilità non esclude che sia consentita, nell’ambito dell’attività sanitaria, la costituzione di società, purché tale costituzione avvenga per offrire un prodotto diverso e più complesso rispetto all’opera dei singoli professionisti, quale è la prestazione di servizi che trascendono l’oggetto delle professioni protette (come potrebbe essere, ad esempio, l’esercizio di una clinica rispetto alle prestazioni di un medico o quello delle c.d. società di “engineering” rispetto alla prestazione di un ingegnere: cfr. in tal senso Cass., sent n. 1405/1989 e 566/1985) ovvero nel caso in cui la società abbia ad oggetto soltanto la realizzazione e la gestione dei mezzi strumentali per l’esercizio d’una attività professionale ancorché protetta (comprensiva di immobili, arredamenti, macchinari, servizi ausiliari) che, peraltro, resti nettamente separata e distinta dall’organizzazione dei beni di cui si serve, anche sul piano contabile. Ciò si verifica quando tra la società ed il professionista – che si pongano l’una rispetto all’altro come soggetti chiaramente diversi – intervenga un contratto per l’effetto del quale la società si obbliga a fornire al professionista tutti i beni strumentali e i servizi (accessori che consentono o facilitano, ma certamente non esauriscono, l’elemento specifico dell’attività professionale, che deve essere prestata personalmente, come stabilito dall’art. 2232 c.c. con le sole eccezioni ivi previste), e dall’altro lato, il professionista si impegna a pagare alla società un corrispettivo o in misura fissa ovvero in proporzione dei suoi proventi professionali. La liceità di un siffatto contrato (v. Cass., sent. n. 5656 del 13 maggio 1992, con specifico riferimento ad una società per la gestione di un gabinetto di analisi chimico cliniche) trova il suo fondamento, da un lato, nell’autonomia contrattuale (riconosciuta dall’art. 1322 per tutti quei contratti che, pur non appartenendo ai tipi aventi una disciplina normativa particolare, siano però diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela) e, d’altro lato, nella constatazione che, rimanendo il professionista l’unico soggetto direttamente in contatto con la propria clientela, che da lui soltanto riceve la prestazione professionale (sia pure grazie ai mezzi fornitigli dalla società), non viene compromesso il carattere personalissimo che la prestazione deve avere, né il correlativo apprezzamento dell’ “intuitus personae”, né, in definitiva, il prestigio stesso che la professione “protetta” deve avere per meritare la fiducia del pubblico: cioè nessuno di quei valori a tutela dei quali la legge vieta l’esercizio delle c.d. “professioni protette” nelle forme della società commerciale>>). Tale divieto di svolgimento delle professioni protette nella forma di società commerciale ha subito una prima “incrinatura” ad opera dell’art. 24 della legge 266/1997 (cosiddetto “decreto Bersani 1”), con cui veniva abrogato l’art. 2 della citata legge n. 1815; ciò non ha determinato, tuttavia, una riforma organica della materia in quanto non furono mai emanate le relative norme attuative. Ed anche il successivo DL 223/06, in materia di “società multidisciplinari” (cosiddetto “decreto Bersani 2”) non ha avuto miglior sorte, atteso che anche in questo caso non furono mai emanate le norme attuative. Va rilevato, tuttavia che già nel 2001 (artt. 16 e ss. del DLGS 96/2001) era stata prevista espressamente la possibilità di svolgimento di una attività professionale protetta in forma societaria, ma solo per una determinata professione e secondo una ben specifica modalità (società tra avvocati). Infine, la legge 183/2011 (art. 10, commi da 3 a 11) ha finalmente previsto la società tra professionisti in modo espresso, mantenendo nel contempo la possibilità di esercitare tali attività secondo i modelli associativi già esistenti (ad esempio, studio associato). Le norme attuative delle disposizioni in ultimo richiamate sono contenute nel decreto regolamentare 34/2013, emanato dal Ministero della giustizia di concerto con questa Amministrazione. Le norme in questione consentono lo svolgimento delle professioni protette nella forma (art. 10, comma 3, della legge 183/2011) della società semplice, della società in nome collettivo, della società in accomandita semplice, della società a responsabilità limitata, della società per azioni, della società in accomandita per azioni, nonché della cooperativa. Non si tratta, come evidenziano unanimemente i commentatori, di nuovi “tipi” societari: si applicano, infatti, a ciascuno, le regole proprie del modello societario adottato, salve le deroghe e le integrazioni previste dalla disciplina speciale. Deroghe ed integrazioni volte a “contemperare” la maggiore efficienza offerta dallo strumento societario con la peculiare tutela del cliente che contraddistingue la prestazione professionale. E’ stata, pertanto, a titolo di esempio, prevista (art. 10, comma 4, lett. “b”, della legge 183 cit.) la “prevalenza” dei soci-professionisti nella gestione societaria: <<In ogni caso il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci>>. Oggetto esclusivo delle società in questione è, inoltre, l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico (art. 10, comma 3, della legge 183). La società tra professionisti è tenuta, altresì, a stipulare una polizza assicurativa per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell’esercizio dell’attività professionale (art. 10, comma 4, lett. “c-bis”). Va rammentato, ancora, che la società tra professionisti è tenuta ad iscriversi all’albo professionale competente (art. 10, comma 4, lett. “b”) ed è soggetta al relativo regime disciplinare (art. 10, comma 7). La partecipazione ad una società tra professionisti è, inoltre, incompatibile con la partecipazione ad altra società tra professionisti (art. 10, comma 6); la ragione o denominazione sociale deve contenere l’indicazione “società tra professionisti” (art. 10, comma 5); il socio per finalità d’investimento deve essere in possesso dei requisiti di onorabilità previsti per l’iscrizione all’albo professionale cui la società è iscritta (art. 6, comma 3, lett. “a”, del decreto 34/2013).  Anche sulla semplice scorta degli elementi distintivi sopra sinteticamente esposti sembra doversi concordare con codesto Ufficio circa il fatto che la disciplina inerente le società tra professionisti costituisce, allo stato attuale, l’unico contesto nel cui ambito è possibile <<l’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile>>. Ciò, come già chiarito, ove lo svolgimento dell’attività professionale “protetta” (o di più attività professionali “protette”) costituisca l’oggetto esclusivo della società stessa: solo tale cornice normativa fornisce, infatti, puntuali parametri volti ad equilibrare e contemperare i contrastanti interessi (l’interesse all’efficienza e allo sviluppo della concorrenza, da una parte; l’interesse a tutelare l’affidamento del cliente nel momento in cui riceve servizi connotati da particolare delicatezza e “sensibilità” dall’altra) che nella fattispecie si confrontano. Parametri che, ovviamente, verrebbero completamente a mancare ove si ammettesse la possibilità di svolgere le medesime attività “protette” nella forma di “generiche” società commerciali. Strumenti, questi ultimi, che, tuttavia, come affermato da codesto medesimo Ufficio (e coerentemente con la citata sentenza della Cassazione civile n. 7738) ben potranno essere utilizzati al fine di costituire società “di mezzi”, oppure società in cui l’aspetto organizzativo e capitalistico risulti del tutto prevalente rispetto allo svolgimento (pur presente) di attività professionali “protette”; ipotesi che non sembrano ricorrere nel caso prospettato da codesto Ufficio, atteso che oggetto della società istante sarebbe, secondo quanto riferito, “lo svolgimento dell’attività odontoiatrica”.

 

IL PARERE EMESSO DAL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO